Un tempo era un refrigerante iperbolico

Dall’ultimo piano, Porto Marghera è un formicaio in piena attività. Si vede il porto commerciale con le file di container e il viavai di tir. I Grandi Molini in via dell’azoto, i vecchi capannoni smaltati di graffiti, scheletri d’acciaio e nuovi edifici. I magazzini rutilanti e aziende all’avanguardia. Il ponte strallato, che svetta come un’onda fino alle banchine.

Siamo in cima all’ultima torre di refrigerazione rimasta intatta, delle cinque esistenti nell’epoca d’oro, sopravvissuta ai bombardamenti della guerra e allo spegnersi inesorabile dello storico polo industriale. Venezia Heritage Tower, la chiamano ora. E da quassù, diventata una enorme stanza circolare, con le vetrate a 360 gradi e una copertura in travi a vista, da qui un tempo usciva il vapore. Oggi, restaurata e rimodellata, è un insolito luogo di cultura, che vuole raccontare proprio le nuove generazioni di imprese che stanno facendo rivivere Porto Marghera senza avvelenarla.

Quando venne inaugurata, nel 1938, era un gioiello di ingegneria. Un refrigerante iperbolico: un cilindro che da una base di 28 metri di diametro si assottiglia al centro fino a misurarne 16 e poi si riapre di nuovo sulla sommità, a 54 metri d’altezza. Si restringe perché così migliorava il funzionamento “a camino”, aumentando la velocità dell’aria all’interno. Da qui si prendeva l’acqua per raffreddare la temperatura dei liquidi dei macchinari industriali, una parte tornava in circolo e una parte evaporava con i suoi sbuffi verso il cielo.

Negli anni ’90 il Consorzio Multimodale Darsena, guidato da Gianni Sottana, si alleava con l’amministrazione comunale di Massimo Cacciari per ridisegnare 33 ettari di Porto Marghera, bonificarli, spostarci un polo di logistica e di trasporti. Oggi ci operano 73 aziende, 1225 addetti, che diventano 6000 con l’indotto. «E’ stato il primo vero esempio di riconversione integrale – sottolinea Christian Sottana, il figlio di Gianni, che ora ha preso le redini del Consorzio – La Torre, acquistata nel 1999, rappresenta il simbolo di una rinascita che è in atto e il luogo dove raccontarla, così come un tempo è stata l’icona del vecchio sogno industriale».

Racconta Alessandra Previtali, responsabile della Venezia Heritage Tower, che «l’intervento di recupero è stato lungo e non ancora concluso». La prima tranche si è conclusa a fine 2017 e pochi mesi dopo ha cominciato ad ospitare i primi eventi: business meeting, conferenze, workshop. «Qui si sono cimentati vari studi di architettura, come ARKA, H&A, Fabiano Pasqualetto – continua Previtali – L’ultimo a occuparsene, Roberto Pescarollo di RPR Studio, ha disegnato al piano terra uno spazio espositivo multimediale, con un nuovo volume vetrato d’ingresso». Proprio a piano terra sta prendendo forma una sorta di «corporate museum» del territorio: dalla Paolini Villani che commerciava in qualità di «Compagnia veneziana delle indie» alla storica Vidal coi suoi profumi e saponi, fino alle nuove aziende, come la Zintek, che ha brevettato le coperture innovative in zinco-titanio e ha commesse in tutto il mondo.

«Quando si racconta questo luogo, si ricorda solo la parte ferita e avvelenata, archeologica – sottolinea Sottana – Troppo poco si racconta anche la Porto Marghera del Novecento che ha prodotto navi, tessili, alimenti, tecnologia all’avanguardia. E così a tutt’oggi continuano a uscire brevetti e nascono imprese innovative, spesso sconosciute».

Saliamo al primo piano, dove si apre un auditorium da 300 posti. Già da qui, alzando gli occhi ci si rende conto dello spazio sinuoso e speciale del ventre della torre. «In progetto abbiamo un secondo piano – indica verso l’alto Previtali – un’arena verticale, destinata a spettacoli e concerti». E aggiunge: «Nel sottosuolo invece c’è uno spazio, grande come il piano terra, che diventerà un co-working».

Prendiamo l’ascensore che corre in una colonna al centro della torre e porta fino alla stanza panoramica. E’ da qui che Porto Marghera si apre come un paesaggio urbano tutto da scoprire. Tra i progetti della Tower vi è l’idea di trasformare le vetrate in dispositivi di realtà aumentata, dove basterà toccare sulla finestra ogni oggetto che si vede da quassù, uno stabilimento, le Dolomiti, San Marco, le gru, un container, e si potrà conoscerne la storia, i dati, i progetti.   La Torre ha l’ambizione di essere il teatro del presente e del futuro possibile di Porto Marghera. «Un condensatore iperbolico di idee e risorse nuove», dicono.

Extra | RCS

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